18 Jun

Light therapy: come progettare la luce per migliorare l’umore?

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Ogni essere vivente ha bisogno della luce per il suo benessere psico-fisico. Purtroppo gli impegni quotidiani, i ritmi frenetici, fanno sì che si passi sempre più tempo in ufficio e sempre meno all’aria aperta. Questo sembra avere importanti conseguenze nel nostro organismo.

Di recente è stato scoperto, ad esempio, che l’esposizione alla radiazione solare regola la secrezione e la soppressione della melatonina, ormone che influisce sui ritmi biologici dell’uomo (ritmi circadiani) e sugli aspetti comportamentali, quali stato di allerta o rilassamento. Inoltre, la presenza ridotta della luce solare porterebbe a cambiamenti ormonali che influenzano il sonno e l'umore. Per questo è importante integrare sempre più i benefici dell’illuminazione naturale alla corretta progettazione della luce artificiale.

Ma cos’è la terapia della luce? Lo abbiamo chiesto alla lighting designer Chiara Tabellini.

 

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Cosa significa progettare un ambiente tenendo conto del suo comfort visivo, del suo wellbeing, del benessere psicofisico della persona? Quali sono le tendenze nelle ultime ricerche illuminotecniche?

La luce naturale, quella prodotta dal Sole, è di basilare importanza per ogni forma di vita ed i suoi effetti si riflettono sia sul benessere psico-fisico che sull’esistenza stessa degli esseri viventi. Da anni, la luce artificiale non è più interpretata come sostituzione di luce naturale quando assente, ma ambisce a simularne le caratteristiche essenziali per restituire effetti e benefici sulla vita degli esseri umani. Nel 2017 tre medici statunitensi hanno vinto il Nobel per la scoperta dei meccanismi molecolari che controllano il “ritmo circadiano” e da allora questa espressione è diventata oggetto di approfondimenti da parte di coloro che progettano responsabilmente in contesti di sostenibilità ed attenzione per l’ambiente che ci ospita.

Dall’origine etimologica da cui deriva il termine “circadiano” si intuisce che è un concetto legato al ciclo delle 24 ore che compongono il giorno e la notte. È una sorta di orologio biologico, endemico, attraverso cui l’organismo processa le sue funzioni vitali nell’alternanza giorno/notte fino ad assumere proprio i connotati di un ritmo, scandito dalla successione luce/buio. A seconda dell’essere vivente, questo ritmo produce funzioni diverse, a volte opposte, dove costante rimane l’alternanza intorno al ciclo delle 24 ore divise in giorno e notte: in alcune “protocellule”, ad esempio, l’attività replicativa del DNA è concentrata nella fase notturna per proteggerla dai raggi ultravioletti della luce diurna, nell’uomo invece, l’equilibrio della fase  sonno/veglia condiziona la produzione di ormoni e la regolazione metabolica conseguente, destinando le maggiori attività alla seconda fase. Nel contesto umano e nella sua scansione di vita legata alle 24 ore che ne determinano la giornata, è intuibile l’importanza svolta dalla luce diurna, dalla luce notturna e dal buio. L’organo principale attraverso cui il ritmo circadiano ed i correlati processi metabolici sono possibili, è l’occhio.

La luce è captata da fotoricettori presenti nella retina che attraverso diverse funzioni, filtrano le radiazioni luminose. I più conosciuti sono CONI e BASTONCELLI: i primi, attivati principalmente nella fase diurna, permettono la visione con nitidezza di colori e contrasti; i secondi, collegati alle cellule nervose, permettono di vedere anche in condizioni di scarsa luminosità seppur in maniera meno nitida e monocromatica. Coni e bastoncelli creano immagini visive dirette. Nel 2002, un’altra scoperta in ambito scientifico ha ampliato studi e prospettive in diversi ambiti, tra cui l’illuminotecnica: esiste un terzo fotoricettore nella retina, incapace di catturare e restituire immagini come i primi due, ma in grado di rispondere agli stimoli luminosi regolando i processi di melatonina (ormone del sonno) e cortisolo (ormone dello stress). Le CELLULE GANGLIARI recepiscono la variazione dello spettro luminoso e sono le dirette interessate al corretto funzionamento dell’orologio biologico al variare della luce naturale: il ritmo circadiano.

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Humanitas Medical Care - Arese: lampada Coelux: simula la luce diurna con ciclo circadiano – Polistudio A.E.S. – Foto ©Max Allegritti

 

Progettare quindi un ambiente con la luce, è un’esperienza che coinvolge certamente l’architettura degli spazi e delle loro aperture all’esterno, ma impone un attento studio illuminotecnico.

Occorre imprescindibilmente considerare:

i) l’apporto luminoso di luce naturale, la sua durata e i suoi cambiamenti di colore nell’arco della giornata,

ii) l'integrazione di sorgenti luminose dedicate, la loro corretta disposizione nello spazio, la giusta distribuzione delle loro luminanze e soprattutto combinare illuminamenti verticali con quelli orizzontali

iii) il controllo della luce artificiale che simuli od integri per intensità e colore quella naturale,

iv) la possibilità di adeguare e personalizzare il giusto apporto di luce,

v) evitare contrasti che provochino contrazione pupillare.

Nuovo edificio Ferrari Gestione Sportiva - Maranello (MO) – Polistudio A.E.S.

 

La stessa normativa Europea UNI EN 12464-1 che parametrizza i requisiti illuminotecnici in ambienti di lavoro interni (edizione 2011) ed esterni (edizione 2014), oltre a dare riferimenti in merito alla quantità di lux medi mantenuti, in esplicitati settori dove viene svolta l’attività lavorativa, suggerisce una vera e propria progettazione illuminotecnica finalizzata al comfort visivo e all’umanizzazione degli ambienti operativi.

I punti cardine su cui si basa tale norma e tutte quelle ad essa collegate, sono esattamente la distribuzione delle luminanze, l’uniformità dell’illuminamento, gli aspetti cromatici della luce, la sua direzione e soprattutto, l’utilizzo ed il controllo della luce diurna in abbinamento a quella riprodotta. In generale, il risultato di una corretta illuminazione in ambienti chiusi, passa attraverso una progettazione illuminotecnica resa visibile dalla disposizione di corpi illuminanti scelti secondo i criteri summenzionati e nasce, incondizionatamente, dalla presenza di un adeguato impianto elettrico progettato a supporto dei risultati che si vogliono ottenere. La giusta progettazione illuminotecnica nasce anche dall’ eccellenza dell’impianto elettrico che la sostiene.

 

Alcuni studiosi cercano di concentrarsi sui benefici della luce solare e su come evitare i rischi per la salute di nuove fonti luminose come lampade fluorescenti compatte e LED. Qual è il suo punto di vista?

Se la luce solare è l’optimum, quella artificiale deve simularne le caratteristiche per l’apporto di benefici. Il mercato dell’illuminazione è ormai concentrato sul mondo del LED ed è una tecnologia oggetto continuo di ricerca e sviluppo. In una lampada, intesa come elemento atto ad emettere luce, si è sempre distinto il corpo illuminante dalla sorgente luminosa: lampada e lampadina e sono sempre stati due elementi separati. Per tecnologia LED si intende una lampada dove il corpo illuminante è costruito intorno ad un diodo che ha il compito di emettere luce: il led è integrato al corpo illuminante che non solo lo ospita ma che è costruito per esaltarne le caratteristiche. Si parla di ottiche, di fasci, di colore della luce, di flussi, di resa cromatica.

Realizzazioni lighting designer Chiara Tabellini

 

Il LED è nato per il controllo dei consumi energetici ma nel corso del tempo, soprattutto in Paesi meno coinvolti dalla luce solare per posizione geografica, è diventato un componente elettronico su cui poter intervenire per simulare gli effetti e contestualmente eliminare i difetti della luce naturale.

Uno degli aspetti più ricercati per la qualità di una sorgente a Led, è l’indice di resa cromatica (IRC ed R) o la capacità di precisione di una sorgente luminosa nel restituire i colori di uno spazio illuminato. Il danno nasce, se per una cattiva qualità del prodotto e per una scorretta progettazione, l’occhio umano li vede troppo sfalsati, non sufficientemente nitidi o deve abituarsi a pericolosi contrasti. La luce naturale è una combinazione di tutti i colori nello spettro nella radiazione luminosa visibile. I Led, nascono con luce blu a cui vengono aggiunti strati di fosforo per raggiungere i valori di luce bianca desiderata che si misurano in gradi Kelvin (° K ). Per questo motivo, non hanno uno spettro completo, ma attraverso la tecnologia in continua evoluzione, si è riusciti a ricreare le temperature di colore della luce naturale e ad eguagliarne gli indici di resa cromatica. Esistono parametri, frutto di studi e sperimentazioni scientifiche a cui produttori e progettisti si attengono.

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Come nella sua esperienza ha cercato di declinare gli effetti benefici della luce, rendendo l’ambiente positivo e confortevole?

Il giusto approccio ad un progetto illuminotecnico è partire dall’impianto. Il risultato finale è come una pianta che dipende dal proprio apparato radicale che lo supporta e sostiene. L’architettura della luce inizia dallo studio dell’ambiente in cui va inserita. Destinazione, forme, tempo di occupazione, sensazioni che deve restituire o performance che deve aiutare. Partiamo dal presupposto che ognuno di noi, per età, diversità, esperienze, ha un concetto personale di luce e questa soggettività si acutizza in base ai vari momenti della giornata. L’oggettività, viene proprio dal ritmo circadiano comune a tutti in maniera endemica. La luce diurna non è la stessa dall’alba al tramonto: cambia fisiologicamente intensità e colore e così deve potersi comportare la luce artificiale riprodotta attraverso sistemi progettati e corpi illuminanti idonei a riceverne gli imput. I progettisti dovrebbero prevedere l’utilizzo di sistemi di gestione della luce all’interno di uno stesso ambiente in termini di controllo dell’ i) intensità, più o meno potente, ii) colore della luce, da più caldo a brillante, iii) scenari, riproducibili attraverso varie accensioni o tramite applicazioni su dispositivi dedicati.

  

Realizzazioni lighting designer Chiara Tabellini

 

Quando non è possibile intervenire in maniera ideale, è importante poter controllare la luce e creare scenari anche attraverso accensioni diversificate e posizionamenti studiati senza lasciare al caso, o al solo risultato estetico, la previsione dei corpi illuminanti. E’ sempre importante predisporre punti luce in maniera funzionale e congeniale all’ambiente in cui sono inseriti, considerare i materiali e il grado di riflessione delle finiture con cui conviveranno, osservare la direzione e la posizione geografica del contributo della luce naturale.

Realizzazioni lighting designer Chiara Tabellini

 

Nel mondo dell’edilizia orientata alla sostenibilità e al basso impatto ambientale, gli esaminatori che concedono crediti per raggiungere una prestigiosa certificazione internazionali sviluppata dall'U.S. Green Building Council, il  Leed (Leadership in Energy and Environmental Design) dedicano all’illuminazione dettagliati parametri che mirano a far percepire lo spazio in maniera migliore e vivibile per gli esseri umani. Partendo dalla tensione al risparmio energetico ed idrico e dall’integrale rispetto dell’ambiente circostante, si arriva a scoprire un mondo in cui anche l’illuminazione viene concepita come strumento di benessere psicologico che segua le esigenze dei suoi fruitori.

 

Nel Leed, quale sistema volontario che promuove un sistema di progettazione integrata estesa a tutto l’edificio, si richiede l’impegno di tutti i professionisti coinvolti, tra cui il progettista illuminotecnico, ad operare di concerto per raggiungere i risultati prefissati. In esterno ad esempio, si cercherà di creare un tipo di illuminazione che eviti l’inquinamento luminoso e nel nostro Paese, è un requisito che si sovrappone ad una normativa nazionale specifica, la UNI 10819, ridefinita e parametrizzata a livello regionale, applicata nelle soluzioni progettuali di appalti pubblici per la riduzione di impatti invasivi ed inquinanti descritti nei Criteri Ambientali Minimi (CAM) emanati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Internamente,il light design deve essere concepito con l’approccio summenzionato nel rispetto dello spazio architettonico e del suo utilizzo. Personalmente, progetto molto confidando anche sul contributo della luce indiretta.

Realizzazioni lighting designer Chiara Tabellini

 

Le normative la citano in riferimento a concetti illuminotecnici specifici a supporto di quanto espresso fino ad ora, ma un pessimo errore che negli anni si è visto spesso commettere, è l’affidare al solo illuminamento diffuso il peso di tutta la funzionalità che la luce artificiale è chiamata a svolgere. Non importa quanto un ambiente sia destinato al trasferimento di sensazioni morbide ed accoglienti: l’illuminazione indiretta, dal mio punto di vista, andrebbe sempre progettata all’interno di un dialogo con quella diretta, mai un monologo, pena creare dannosi contrasti e fastidi visivi che un’illuminazione centrata sulle molteplici esigenze umane (human centric light) deve saper fugare.

 


Ex Manifattura Tabacchi Milano – Polistudio A.E.S.

 

Dal punto di vista delle prestazioni energetiche, la corretta integrazione di luce naturale e artificiale, attraverso un sistema di controllo, risulterebbe il metodo più efficace per la riduzione dei consumi. Cosa ne pensa?

La richiesta di migliorie illuminotecniche, è quasi sempre finalizzata alle sole prestazioni energetiche e l’integrazione della luce naturale con quella artificiale, attraverso il controllo della quantità di illuminamento distribuito nell’ambiente, è uno degli aspetti che vengono presi in considerazione in risposta a tale esigenza.

In generale, partendo dallo studio preventivo dell’impianto fino alla scelta mirata di sorgenti luminose con caratteristiche sartoriali, una buona progettazione illuminotecnica, che metta al centro un tipo di illuminazione biologicamente efficace con effetti positivi sulla salute e sul benessere psico-fisico degli esseri viventi, restituisce molteplici comprovati benefici, di cui, l’attenzione e la contrazione dei consumi, seppur possa rappresentare la meta prefissata alla partenza, non è il solo importante traguardo da raggiungere. L’approccio all’illuminazione artificiale, in sostegno e non in sostituzione di quella naturale, inizia ad essere sempre più ipotizzata e richiesta in ambienti lavorativi, sanitari od educativi ma sarebbe opportuno poterla estendere ad ambienti ricettivi o residenziali ed educare gli utenti, all’utilizzo di un’illuminazione consapevole che eviti sprechi, consumi ed inquinamenti luminosi nocivi per il contesto ambientale di cui siamo ospiti.

 

Prima si è parlato di Leed, ma l’ultimo protocollo internazionale sviluppato dall’ International Well Building Institute (IWBI), è nato per verificare e conseguentemente certificare il livello di salubrità e di benessere di chi usufruisce degli ambienti costruiti. E’ un sistema basato sulla misurazione, certificazione e monitoraggio periodico di ogni settore dell’edificio che possa impattare con la salute e il benessere (Well- Being) degli occupanti. Viene testato in campo quanto viene dichiarato dai progettisti e chi si occupa di illuminazione deve avere conoscenze trasversali che vanno dall’impiantistica, all’ottica, alla conoscenza delle normative del settore, alle proprietà fisiche dei materiali in rapporto alla luce riflessa od assorbita, alle proprietà delle sorgenti luminose e dei benefici o pericoli del loro utilizzo. Nel Well, partendo dal contenimento dei consumi energetici per il rispetto dell’ambiente, si arriva al verificato e comprovato benessere delle persone.

 

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