14 Apr

Il sistema delle vie di esodo verticali alla luce della novità introdotte dal DM 18.10.2019

di Ing. Andrea Sabba, Polistudio A.E.S.

Articolo pubblicato grazie alla collaborazione del Green Building Council Italia (GBC Italia)

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Il principale obiettivo della prevenzione incendi è la tutela e la sicurezza della vita umana, l’incolumità delle persone e la tutela dei beni e dell’ambiente.

Ne consegue che una corretta progettazione delle vie di esodo di una qualsiasi attività a rischio contribuisce in modo determinante all’incolumità delle persone e garantisce una maggior sicurezza alle squadre di sicurezza che dovranno intervenire.

Le modifiche introdotte dalla recente revisione del Codice di Prevenzione Incendi (D.M. 18.10.2019) al sistema delle vie di esodo verticali credo vadano lette proprio in tale senso, in particolare per quanto riguarda la definizione di scala di sicurezza esterna e di filtro a prova di fumo, in quanto hanno ripercussioni sugli affollamenti e sulle capacità di deflusso.

 

Le scale di sicurezza esterne: cosa cambia

Le scale di sicurezza esterne rientrano tra le vie di esodo esterne che secondo la definizione del punto S.4.5.3.3 del codice sono:

Scale, rampe, passerelle, camminamenti che devono essere completamente esterni alle opere di costruzione. Inoltre, durante l’esodo degli occupanti, non devono essere soggette ad irraggiamento dovuto all’incendio superiore a 2,5 kW/m² e non devono essere investite dai prodotti della combustione. Tali requisiti si ritengono soddisfatti se riconducibili ad uno dei criteri della tabella S.4-5 di seguito riportata.

Tabella S.4-5: Criteri per la realizzazione di vie di esodo esterne orizzontali o verticali

 

  • Ai fini delle prestazioni, una via d’esodo esterna è considerata equivalente:
    1. per piani con quota ≤ 24 m, ad una via d’esodo a prova di fumo con caratteristiche di filtro;
    2. nei restanti casi, una via di esodo protetta con caratteristiche di filtro.

 

Questa secondo enunciato, introdotto dal D.M. 18.10.2019, evidenzia come le scale esterne al servizio di edifici con altezza > di 24 m non è più classificabile a prova di fumo ma viene in qualche modo “declassata”, per i piani a quota superiore a 24 m, a via d’esodo “protetta”.

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Perché tale modifica risulta determinate ai fini dell’esodo?

Con la pubblicazione del D.M. 03.08.2015 era stata inserita la “Verifica di ridondanza delle vie di esodo orizzontali e verticali” (paragrafi S..4.8.4 orizzontali e S.4.8.7 verticali, sostituiti nel nuovo codice dal paragrafo S.4.8.6) che consiste nel rendere indisponibile una via di esodo alla volta per verificare che le restanti vie di esodo indipendenti abbiano larghezza complessiva sufficiente a consentire l’esodo degli occupanti.

Al paragrafo S.4.8.6 del “nuovo” codice è precisato che le vie di esodo a prova di fumo aventi caratteristiche di filtro sono da considerarsi sempre disponibili e non devono essere sottoposte a verifica di ridondanza se non eventualmente a seguito di valutazioni più restrittive da parte del progettista.

Ne consegue che le scale di sicurezza esterne al servizio di edifici aventi altezza superiore a 24 m non potranno essere più considerate sempre disponibili, in quanto non più equiparabili a vie d’esodo a prova di fumo con caratteristiche di filtro e saranno assoggettate alla verifica di ridondanza.

Analogamente le scale interne per essere escluse dalla verifica di ridondanza dovranno essere a prova di fumo, cioè accessibili da filtri a prova di fumo. Anche in questo caso, come accennato in premessa, il “nuovo” codice ha apportato delle modifiche alla definizione di filtro a prova di fumo nell’ottica di rendere realmente efficace lo smaltimento degli affluenti che eventualmente vi entrassero.

 

Prima di evidenziare con un esempio esplicativo le riprecussione progettuali conseguenti alla nuova definizione di scale esterna, occorre chiarire che ai fini della verifica di ridondanza escludendo una via di esodo alla volta (considerandola indisponibile) le altre devono risultare indipendenti tra loro così come definito al paragrafo S.4.8.1.

In particolare nel nostro caso, per le vie di esodo verticali (Paragrafo S.4.8.4), si considerano indipendenti le seguenti coppie di vie di esodo:

  • se inserite in compartimenti distinti, oppure qualora almeno una delle due sia via d’esodo esterna. Risultano indipendenti tra loro due scale d’esodo protette distinte, una scala d’esodo protetta ed una senza protezione, due scale d’esodo senza protezione ma inserite in compartimenti verticali distinti, una scala senza protezione ed una scala esterna oppure due scale esterne;
  • non protette, inserite nello stesso compartimento, alle seguenti condizioni:
  1. ciascuna sia impiegata da non più di 100 occupanti;
  2. nessun piano servito si trovi a quota < -1 m;
  3. nei percorsi collegati a monte ed a valle non vi sia corridoio cieco;

Il massimo dislivello, tra tutti i piani serviti dalle vie d’esodo verticali non protette del compartimento, deve essere < 7 m;

  • È ammesso considerare indipendenti coppie di vie d’esodo verticali non protette che colleghino diversi piani di uno stesso locale a gradoni o inclinato, a condizione che le vie d’esodo ad esse collegate a valle siano indipendenti.

Si precisa inoltre che per una corretta verifica della larghezza minima delle vie di esodo verticali occorrerà definire se si tratta di esodo simultaneo o a fasi secondo le indicazioni del Paragrafo S.4.8.8.

Occorrerà inoltre tenere conto ovviamente dei vincoli dettati dalle condizioni generali della nostra attività (Profili di Rischio Vita, Beni e Ambiente), dalla geometria dell’edificio, riassunti nella Tabella S.4-14

Tabella S.4-5: Criteri per la realizzazione di vie di esodo esterne orizzontali o verticali

 

e dell’affollamento complessivo dei piani o ambienti in quanto determinano il numero minimo di uscite indipendenti così come indicati nella Tabella S.4-15.

Tabella S.4-5: Criteri per la realizzazione di vie di esodo esterne orizzontali o verticali

 

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Nell’ipotesi di calcolo in caso di esodo simultaneo occorrerà procedere secondo le indicazioni del Paragrafo S.4.8. come di seguito evidenziato.

 

LV = LU · nV

 

con:

LV                  larghezza minima della via d’esodo verticale                                                                                     [mm]

LU           larghezza unitaria determinata da tabella S.4-29 in funzione del profilo di rischio Rvita di riferimento e del numero totale dei piani serviti dalla via d’esodo verticale                                                                                                                      [mm/persona]

nV           numero totale degli occupanti che impiegano tale via d’esodo verticale, provenienti da tutti i piani serviti, nelle condizioni d’esodo più gravose (paragrafo S.4.8.6).

Tabella S.4-29: Larghezza minima per vie d’esodo verticali

 

Diversamente se si considera un esodo per fasi occorrerà verificare e garantire che:

  1. tutti i piani dell’attività per cui si applica l’esodo per fasi devono essere serviti da almeno due vie d’esodo indipendenti;
  2. l’attività deve essere sorvegliata da IRAI con livello di prestazione III e sistema EVAC secondo le indicazioni contenute nel Capitolo S.7 del codice;
  3. nell’attività deve essere prevista gestione della sicurezza con livello di prestazione II secondo le indicazioni contenute nel Capitolo S.5 del codice;
  4. ciascun piano dell’attività sia inserito in compartimento distinto e la compartimentazione deve avere livello di prestazione III secondo le indicazioni contenute nel Capitolo S.3 del codice;
  5. sia utilizzata solo per piani posti a quota > di -5 m;

 

e poi si procederà al calcolo della larghezza come di seguito riportato:

 

LV = LU · nV

 

con:

LV                  larghezza minima della via d’esodo verticale                                                                                     [mm]

LU           larghezza unitaria determinata da tabella S.4-29 in funzione del profilo di rischio Rvita di riferimento ed imponendo pari a 2 il numero totale dei piani serviti dalla via d’esodo verticale      [mm/persona]

nV           numero totale degli occupanti che impiegano tale via d’esodo verticale, provenienti da tutti i piani serviti, considerando i due piani, anche non consecutivi, aventi maggior affollamento, nelle condizioni d’esodo più gravose (paragrafo S.4.8.6).

 

La larghezza minima delle vie di esodo dovrà comunque rispettare i criteri contenuti nella Tabella S.4.32 e gli ulteriori vincoli, che posso determinarne un aumento in percentuale, dovuti alla tipologia di gradini che costituiscono le nostre vie di esodo verticali e/o alla presenza di eventuali rampe (sono considerate vie di esodo verticali quelle con pendenza > del 5% - Paragrafo G.1.9 del codice), secondo le indicazioni riportate nelle seguenti Tabelle S.4-30 e S.4-31.

Tabella S.4-32: Larghezza minima per vie d’esodo verticali

 

Tabella S.4-30: Incremento larghezza unitaria delle scale d’esodo in relazione ai gradini

Tabella S.4-31: Incremento larghezza unitaria delle rampe d’esodo in relazione alla pendenza

 

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Per verificare le ricadute che tali modifiche hanno apportato in termini pratici, possiamo effettuare una prova di calcolo prendendo in considerazione un edificio (es. attività destinata ad uffici) costituito da 11 piani fuori terra (dal piano terra al piano decimo) di altezza complessiva >24 m, ipotizzando l’altezza di ogni piano pari a 3,5 m, con la presenza di un vano scala interno a prova di fumo con caratteristiche di filtro e due scale esterne, tutte di larghezza netta non inferiore a 120 cm.

Ipotizziamo inoltre che l’edificio al piano terra risulta dotato di percorsi d’esodo e uscite dirette verso l’esterno indipendenti rispetto alle scale e che il profilo di rischio vita più gravoso sia pari a A2, secondo quanto esposto in precedenza avremo, per effetto della verifica di ridondanza, i seguenti affollamenti.

 

Ipotesi di esodo simultaneo

Scala interna a prova di fumo con caratteristiche di filtro da 120 cm sempre disponibile per tutti i piani.

Scale esterne da 120 cm equivalenti ad una via d’esodo a prova di fumo con caratteristiche di filtro solo per i primi 7 piani fuori terra (piano terra + sei piani fino a quota 21 m – vedere schema edificio) mentre per i piani successivi (dal 7° al 10°) saranno da considerarsi indisponibili.

Utilizzando i valori relativi alle larghezze unitarie per le vie di esodo verticali desunti dalla Tabella S.4-29 avremo:

 

Tabella S.4-29: Larghezza minima per vie d’esodo verticali

 

Considerando i piani superiori 7°, 8°, 9° e 10°, ipotizzando di rendere indisponibile una delle due scale esterne, saranno contemporaneamente disponibili la scala interna a prova di fumo con caratteristiche di filtro ed una scala esterna, in grado di evacuare fino a 456 persone per tutti e quattro i piani (dal 7° al 10°) così calcolate:

  • scala interna 1200 mm;
  • scala esterna 1200 mm;
  • larghezza totale vie di esodo verticali pari a 2400 mm;
  • 2400/2,1 = 1142 persone evacuabili;

considerando che servono 10 piani (escluso il piano terra che ha vie di esodo indipendenti), il massimo affollamento su ogni piano sarà pari a 1142/10 =114 persone;

114 x 4 = 456 persone che corrispondono all’affollamento complessivo dal piano settimo al piano decimo.

Diversamente per i piani dal primo al sesto potremo considerare, ai fini dell’esodo, anche l’utilizzo della seconda scala esterna.

Tabella S.4-29: Larghezza minima per vie d’esodo verticali

 

Il contributo della seconda scala esterna sarà pari a 1200/2,75 = 436 persone complessive, per un totale di 941/6 = 72 persone per piano.

Considerando i contributo pertanto per i primo sei piani:

 

  • Affollamento di piano (dal 1° al 6°) = 114 +72= 186 persone;
  • Affollamento complessivo dal piano 1° al 6°= 186 x 6 = 1116  

 

Di conseguenza l’affollamento totale dal piano 1° al piano 10° sarà pari a 1116 + 456 = 1572 persone.

 

Diversamente se le scale esterne fossero state interne a prova di fumo con caratteristiche di filtro avremmo avuto un affollamento complessivo pari a 3600(=1200 x 3)/2,1 = 1714 persone

Le modifiche apportate dal nuovo codice in merito alle scale di sicurezza esterne ha determinato nel caso preso ad esempio, una riduzione dell’affollamento di 142 persone complessive.

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La seconda importante novità introdotta, come precedentemente anticipato, riguarda la definizione di filtro e di filtro a prova di fumo. Il filtro è definito un compartimento antincendio dotato delle seguenti caratteristiche:

  1. classe di resistenza al fuoco ≥ 30 minuti;
  2. munito di due o più chiusure dei varchi almeno E 30-Sa;
  3. avente carico di incendio specifico qf ≤ 50 MJ/m2;
  4. non vi si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose;
  5. non vi si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio;

mentre per filtro a prova di fumo (Paragrafo S.3.5.5) si deve intendere un filtro (come sopra definito), dotato di una delle seguenti ulteriori caratteristiche:

  1. mantenuto in sovrappressione, ad almeno 30 Pa in condizioni di emergenza, da specifico sistema progettato, realizzato e gestito secondo la regola dell’arte;
  2. dotato di camino per lo smaltimento dei fumi d’incendio e di ripresa d’aria dall’esterno, adeguatamente progettati e di sezione ≥ 0,10 m²;
  3. areato direttamente verso l’esterno con aperture di superficie utile complessiva ≥ 1 m². Tali aperture devono essere permanentemente aperte o dotate di chiusure apribili in modo automatico in caso d’incendio, con l’esclusione di condotti.

Risulta evidente che il classico filtro aerato con camino di sezione netta > di 0,10 m² non è più consentito, occorre realizzare anche una ripresa di aria dall’esterno.

 

Tale modalità di realizzazione dei filtri a prova di fumo fu in qualche modo anticipata dalla Nota prot. n. P478/4155/1 sott. 3 del 13.06.2000, nella quale all’ultimo comma già si precisava che “…un efficace sistema di ventilazione mediante condotte, può essere garantito da una doppia canalizzazione indipendente, una in entrata (immissione) ed una in uscita (estrazione), con condotti aventi la medesima sezione e relative bocche poste, rispettivamente, nella parte bassa e nella parte alta del locale”.

Con tale modifica si va finalmente ad intervenire, dopo oltre 35 anni (la prima definizione di filtro a prova di fumo è contenuta nel D.M. 30.11.1983) su una delle misure più controverse della materia, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia del sistema e perseguire effettivamente lo scopo a cui è preposto (estrazione per via naturale dei fumi).

 

 

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